Perché i paesi si spopolano? Perché si fa tanta fatica a restare con dei sogni da realizzare?
Questi e altri interrogativi sono stati il filo conduttore del blog tour tenutosi il 14 ottobre scorso a Civita, un villaggio con un grande carisma; benedetto dalla natura per le numerose risorse racchiuse nel suo piccolo agglomerato di case e di abitanti che si sono presi la briga di avere dei piccoli grandi sogni da realizzare, per cambiare il destino di un paese bello come tanti e destinato come molti al progressivo spopolamento. Ma quello che oggi rende Civita diverso da tanti altri è proprio il suo tessuto umano fatto di giovani che hanno abbandonato l’idea di vivere altrove e di investire nei loro sogni e nei loro progetti .
E’ così che circa 10 anni fa ha inizio un percorso a lievitazione lenta verso la riappropriazione identitaria e l’apertura al mondo attraverso piccole azioni imprenditoriali e grandi visioni. Queste traggono ispirazione da un luogo pieno di bellezze naturalistiche, visitato e apprezzato già dagli anni ’80 da appassionati di natura ed escursionismo che traggono dalla visita a Civita la possibilità di percorrere il versante orientale del Parco Nazionale del Pollino ricco di biodiversità, di raggiungere le vette principali e di trovare una comunità ospitale, un museo etnico arbresh, un ristorante in cui degustare piatti tradizionali sapientemente fatti a mano.
E questo accadeva negli anni ’80. Civita compare nelle riviste di trekking e manifesta il suo dinamismo culturale grazie all’attività di un’associazione che gestisce (da allora) un museo etnico ed edita un periodico “Katundi Ynë” (Paese Nostro) che viene distribuito in tutto l’emisfero a soci, molti emigrati e che oggi sta per compiere 49 anni di vita. L’associazione “Gennaro Placco” per un trentennio tiene le fila del dinamismo culturale a Civita, attraverso meeting della stampa, incontri e seminari sulle tradizioni italo-albanesi, realizzazione di eventi come le note manifestazioni epico folkloriche – le Vallje – e rapporti continui con l’estero, scambi culturali con l’Albania.
E’ a partire dal 2008 che Civita esprime la sua vocazione alla ospitalità. Grazie ai fondi POR per la realizzazione di ospitalità diffusa, erogati per un triennio, alcuni civitesi residenti e di rientro colgono l’opportunità per ristrutturare la vecchia casa di famiglia e realizzare un bed and breakfast. Così, alcuni giovani fuori per studio e poi per ricerca di lavoro, tornano al loro paese e altri, soprattutto donne, trasformano la loro abitazione in b&b. Oggi Civita conta circa 20 strutture ricettive, ma ancora altre stanno per nascerne e registra periodicamente la nascita di nuove imprese (servizi turistici, ristorazione, aziende agricole, vitivinicole e nuovi insediamenti in agricoltura). Spesso si tratta di intere famiglie che decidono di intraprendere un nuovo progetto.
In agosto l’ imprevedibile tragedia della piena del Raganello segna inesorabilmente la vita della comunità civitese. L’affluenza turistica subisce una forte flessione e porta con sé dolore e profonde riflessioni. Il turismo, la fragilità della natura e la sua imprevedibilità, la necessità di riavvolgere il nastro con nuova consapevolezza, senso di responsabilità e riappropriazione identitaria.
Il suono incessante del torrente che scorre dentro gole profonde, tra le più lunghe d’Europa, e il sistema carsico delle pareti rocciose caratterizzano la scena dentro cui Civita è incastonata; con le sue case addossate le une alle altre, le ripide salite da percorrere lungo il borgo, le vie dei pastori lungo l’estrema dorsale del Raganello, l’orrido in cui il Ponte del Diavolo pare sospeso per capriccio di un demone bizzarro, la lingua madre arbëreshe, arcaica e dissimile da ogni altra lingua, così rara e così fragile nella sua resistenza attraverso i canti, il folklore, le mani operose delle donne che lavorano la pasta dai nomi più strani come “strangulet, “rashkatiel, dromesat, shtridhelat; tutto questo si fa fruire, tanto altro è da scoprire nelle sue intime pieghe ed è ciò che piace al mondo.
Civita è generosa, offre sogni e possibilità, accoglie nuovi abitanti e residenti temporanei “che abbiano capito molto della vita e abbiano voglia di mettersi in gioco”. Civita ha molto da offrire a chi sa guardare con cura e letizia la sua anima antica.
Di seguito puoi leggere alcuni racconti dei blogger ospitati durante il blog tour Civita e le sette meraviglie.
La pietra e il coraggio: zi ‘Ntonio.
Nella parte alta di Civita c’è la casa Kodra con gli occhi belli, quella con le tendine all’uncinetto.
Lì puoi trovare zi’Ntonio, vive da solo e ha un vicinato che conta poche unità.
Da quando le case Kodra hanno attirato l’attenzione dei turisti, zi’Ntonio è rinato. La solitudine e l’isolamento sono corrosivi lenti e inesorabili, ma basta davvero poco per risentirsi vivi.
Infatti, investito dalla responsabilità di rappresentare Civita, incastonato in una cartolina rurale vivente, si mette in posa con orgoglio, indossa sempre una camicia blu come il cielo che ha davanti e sorride per gli scatti.
Non ho saputo dir nulla a quest’uomo che pare venuto dal passato, da duecento anni prima.
Ci vuole coraggio, pazienza e fatica a sopportare il silenzio dopo che un gruppo di ragazzi curiosi e felici, ti ha invaso col suo rumore.
Nel nostro essere leggeri poiché di passaggio, abbiamo visto solo poesia, ma ho provato a immaginare la durezza di certi giorni, aspri come la pietra.Per fortuna Civita non lascia indietro nessuno.
Ci sarà sempre qualcuno che passerà a salutarti zi’Ntò, a chiedere come stai e se hai mangiato. Essere comunità, è in prima istanza questo!
Elisa Janni Palarchio – Le Tortine
Stasera voglio regalarvi l’immagine più bella che mi è rimasta nel cuore dopo il blog tour a Civita!
Lui è Zi’Ntoni, una splendida persona, sempre alla ricerca di un viso amico, di uno scambio di parole, di una stretta di mano, di un bacio affettuoso, disponibile a farsi fotografare col suo immancabile bastone che stringe tra le mani segnate da una vita di lavoro.. Zi’Ntoni è un uomo buono..Zi’Ntoni è Civita!
Jsaura Frisco – Cinnamon Lady
Se c’è una cosa che mi ha colpito di Civita è la fierezza dei suoi abitanti.
Quella fierezza tipica di chi è orgoglioso della propria storia e delle proprie tradizioni. Se vai a Civita, devi fermarti a conoscere la sua gente. Gli abitanti di Civita vogliono parlarti, vogliono essere ascoltati. Come Zio Antonio, felice di essere fotografato e stabilire un contatto con l’altro, il forestiero. Perciò quando arrivi qui, ricordati di alzare la testa, di non andare di corsa. Piuttosto rallenta!Soffermati sui loro sguardi, anche se non li hai mai incrociati prima. Civita insegna il significato più profondo dell’accoglienza. Qui si pratica la filoxenia, le porte hanno ancora le chiavi nella toppa e si respira il senso di una comunità con le braccia sempre spalancate.
Mary Sciarrone – Lo stretto indispensabile